domenica 11 gennaio 2015

nota critica di Narda Fattori




Biografia e identità

In tanti conosciamo Cristina Bove come poetessa raffinata, pittrice coloristica, fotografa specialistica; la conosciamo e la apprezziamo per la sua inesausta ricerca di un senso che giustifichi la vita e la renda bella e pacificata.
Ora Cristina si è cimentata con la prosa, scrittura lontana dalla poesia, dilatata nel tempo e nel contenuto; prova nuova, anche pericolosa per chi ha un curricolo d’artista consolidato come il suo.
Ma per Cristina la scrittura è farmaco e quindi è con grazia che considera la parola e il periodo narrativo; con amore va a rovistare fra i suoi ricordi e gli eventi che le hanno attraversato la vita. per dirci a chiare lettere chi sia e che non è diversa da tante altre donne che non hanno avuto la sua determinazione e la sua forza.
Il titolo è accogliente, non dice “una su mille” ma “una per mille” e mille e di più sono le donne che possono riconoscersi in un frammento della sua storia.
Il libro, di carattere autobiografico, gioca con la successione temporale degli eventi, direi che va per suggestione, per brain-storming e quindi, pur rendendosi facilissimo da leggere, saltabecca di fatto in fatto, di luogo in luogo, da emozione ad emozione.
E’ un volume che ha le caratteristiche della sua arte: sfugge al determinismo degli eventi, abbraccia i mali perché così perdono gli aculei più pungenti, non si autocensura né si auto blandisce, riporta alla superficie il percorso interiore psicologico e religioso attraverso il quale è pervenuta a una specie di verità orientale che la vede nella sua integrità di persona e che le consente di vedere con la stessa luce gli altri attorno a sé.
Ogni tanto la narrazione cessa e l’autrice interviene con un io narrante presente che aiuta a fare chiarezza al lettore, su passaggi filosofici molto personali.
La scrittura di un libro biografico è sempre pericolosa perché può facilmente cedere all’autocompiacimento,  a sovrastare le figure che accompagnano le storie rendendole misere e di poco conto, o, al contrario, queste si possono impadronire della storia relegando l’autore a spettatore.
Questi pericoli sono evitati tutti: la protagonista, pur saltabeccando fra gli anni e gli eventi, tiene sempre sotto un occhio benevolo i coprotagonisti; ciò che la riguarda direttamente non finge né ingigantisce anche se alcuni episodi colti fra veglia e sonno possono sembrare esaltati; soltanto continuando la lettura possiamo collocarli nelle giuste dimensioni sul tracciato della vita di Cristina.
Sarà proprio grazie a questo andament “ jazzistico” che il libro si legge di getto e se ne conservano gli umori gentili, i ricordi duri, e quelli solidali, il trapassare della fragilità in forza, della sensibilità in amore disarmato e disarmante.
C’è tanta poesia celata negli eventi tragici e/o amorosi, si percepisce una persona limpida,
ricca di verità e di accoglienza.

Narda  Fattori

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