domenica 11 gennaio 2009

Recensione di Laura Costantini e Loredana Falcone





IL RESPIRO DELLA LUNA

silloge di Cristina Bove

Non è stato possibile scindere la poetessa dalla donna e dall’amica. Ne viene che queste poche righe, lungi dall’essere una recensione, sono piuttosto un omaggio ad una persona straordinaria che, nella poesia, sublima se stessa e il senso stesso della vita.
Se Fiori e fulmini aveva scavato un solco profondo nelle nostre anime Il respiro della luna ha lasciato in quel solco i suoi semi produttivi che hanno germogliato una riflessione sul tema portante di questa seconda silloge poetica: il passare del tempo.
Sono moltissime le liriche che vorremmo portare all’attenzione di chi ci legge. Ma non vogliamo togliere a coloro che amano la lieve sonorità dei versi di Cristina il piacere di fruirle nella solitudine della lettura.
Ne segnaliamo soltanto tre:
Nel cortile, racconta la tristezza di un’infanzia trascorsa tra le gelide mura di un collegio. … ed ora è tardi, in me sedimentata
ai confini di un tempo mai vissuto
se ne resta nascosta e rannicchiata
una bambina mesta, mai cresciuta
una bambina che non è invecchiata.
Candidi i miei capelli, suggerisce l’addio di una madre che lascia ai propri figli un’eredità morale.
… serberai nel cassetto con le tue
le mie poesie
te ne farai ricordo e testamento
sarai l’erede
delle mie parole.
In punta di piedi, è Cristina in versi, il suo modo di concepire la vita.
… ma è solo il morire di un’ombra
nel mentre mi stacco
con l’ultimo colpo
ti tacco. Poi spicco il mio volo.
Difficile, anche per chi come noi, è abituato a giocare con le parole, aggiungerne di nuove a quelle che Cristina ci ha donato. Rimane solo un consiglio: assaporate questo libro, lasciatelo sul vostro comodino e, di tanto in tanto, quando sentite che l’essenza della vita vi sta sfuggendo di mano, ripercorretene i versi e abbandonatevi al Respiro della luna.

Laura e Lory

sabato 10 gennaio 2009

recensione di Franca Canapini

IL RESPIRO DELLA LUNA


Visionario e femminile Il respiro della luna di Cristina Bove, dove Selene sorride di luce misteriosa e soffusa.

Ad accoglierci un colpo di tacco, su palcoscenico vuoto. La ballerina ha lasciato la scena; resta il suo respiro, una musica di metafore leggere nella quale ci sperdiamo.

Poesia dopo poesia, lentamente emerge la figura di una donna consapevole di sé:

bambina trascurata

“ quando scendeva l’ombra sul cortile/in fila indiana tristi e rassegnate”,

giovane fremente

“ ero fiume d’inverno/e nella piena/cavalcavo la terra/e il mio vestito d’acqua/era seta di luna/e gioia/e canto/”,

madre stupefatta

“ inginocchiata l’anima e sorpresa/da nubifragi e squarci nella mente/a provare l’effetto dei miracoli/vedersi fuoriuscire dalla carne/fiori pulsanti e vivi di respiro”

infine donna che riconsidera il proprio percorso

“ Raccogli le tue cose/questo è il tempo/di vestirti di tutta la tua vita/di rovistare il fondo dei bauli”. Il presente è il tempo della struggente malinconia di nidi vuoti,

”allora dentro un nido depredato/quattro pagliuzze al vento/lavoro di una vita/si sparpaglia/tra cucine disfatte e letti vuoti”

degli affetti consumati, degli splendori perduti; il momento dell’elegia “nello stremato tempo del declino”.

Talvolta l’anima, generosamente radicata nel sociale, esce dall’autobiografia per gettarsi con furiosa passione nella denuncia dell’ ingiustizia, e diventa angelo di mezzanotte

“raccoglierei il dolore degli umani/il loro pianto in una coppa d’ombra/il loro grido dentro un’arca nera/e trapassando nuvole e bagliori/ai piedi tuoi li deporrei/e ti rassegnerei le dimissioni/d’angelo disilluso dal divino”

mente razionale che considera come la razza losca dei predoni distorca il significato dei simboli religiosi;

donna dei nostri tempi, madre e sorella di tutte le altre “ cambiamo noi le regole/e il valore/facciamolo consistere nell’anima/insegniamo noi stesse altro potere/che non sia solamente possedere “



Questo in sintesi il messaggio dell’opera, ma molte altre suggestioni possiamo trovare nella silloge che va letta e riletta lentamente, per scoprirne tutte le sfumature emotive e coglierne in pieno la ricchezza.

Se ne esce portandosi nel cuore quell’eco di tacco, la traccia di una vita,”sparpagliata nel tempo/squinternata/smarrita nel pulviscolo”, la testimonianza di un’anima bella che ha compendiato la sua vicenda personale, inserendola nel tempo e nello spazio; e lasciandocene una luce, come di lucciola sfregata sul muro della vita.