Ho conosciuto e molto
apprezzato la scrittura di Cristina Bove attraverso le sue precedenti raccolte Mi hanno detto di Ofelia, Venti di rabbia venti di pace, seguite poi
da quella biografia fantastica che è Una
per mille. Ma prima di parlare di questo ebook Metà del silenzio mi viene spontaneo parlare di Cristina come
persona, con la sua unicità forse indescrivibile, ma ci provo…Perchè Cristina
ti colpisce e ti lascia un segno indelebile, appena la conosci. Perché il suo modo di aprirsi, rapportarsi,
parlarti in quella sua misura sommessa, serena, ma ferma e profonda di pensieri
e visioni, ti fa capire che è l’umano essenziale che ti parla, dell’umanità e
del mistero dell’esistenza. Cristina apre infatti ad un universo che non si
limita al semplice ciclo della vita, ma
esonda in un mondo altro, nelle dimensioni sconosciute che a noi danno
inquietudine, a lei appaiono come sfere
armoniche, familiari, pacificate. Perché, come emerge da questa sua poesia, lei
ha trovato -o inventato- un percorso di chiarezza e armonia che percorre con
una sorta di distaccata saggezza (e se c’è sofferenza, questa si avverte
elaborata, in luce di sapienza). Un’armonia che traspare da parole, gesti e
dalla sua arte, pittura luminosa e poesia densa.
Scrittura e personalità sono
fortemente interconnesse, così che lungo i suoi testi di Metà del silenzio tutte queste dimensioni come vita, cronaca, visioni, pure
amarezza per la donna condannata ad essere incompresa, non amata, cultura,
bellezza, dolore universale, perfino note di profezia, si fondono con grande
naturalezza, conferendo alla sua scrittura una personalissima impronta.
E nella sua analitica
introduzione Maria Carmen Lama ha nominato anche una “solitudine esistenziale,
che ha forti punte di amarezza, ma che viene continuamente superata dalla ferma
intima convinzione che “il vero dio siamo
in frammenti noi”, noi perfino responsabili dell’autoaffermazione di
eternità da parte di un eventuale divinità . Trovo qui il fuoco centrale sotteso
della raccolta, tutto il senso dell’umano e oltre umano di Cristina, la sua
illimitata capacità di pensarsi infinita nell’infinito, di creare bellezza come
riflesso di questa indicibile tensione.
In questa scrittura la vita
riempie i testi e deborda e anche quando si avverte che la sua comunicazione è
fondamentalmente mediatica - virtuale, si può dire che Cristina riesce a coinvolgere
profondamente anche in rete, attraverso la rete, laddove i rapporti tra persone
sono in genere disimpegnati, amici dall’amicizia labile, momentanea, mentre qui
ora noi siamo prova provata di un legame
autentico, vero.
Così la metà del cielo-donna
passa dal silenzio alla voce dispiegata di Cristina, che si fa anche grido
contro la banalità e la violenza che sommerge, e pure inno alle donne semplici,
vere, che lottano perché questo mondo cambi per la nostra discendenza. Una
scrittura barocca, nel senso di pienezza versatile del barocco, dagli infiniti
sensi chiari e pure sottesi, dai tanti colti richiami. Un lessico raffinato e
insieme intriso del linguaggio quotidiano, di quello del web, che si distende
con spontaneità nel ritmo di endecasillabi e settenari, ma non si dica che è
lessico novecentesco -siamo stanchi di questo refrain critico- se la forma
riveste un contenuto attuale insieme fuori dal tempo, se la voce personale si
fa universale e memorabile, questa è solo e semplicemente poesia (auguriamo a Cristina, che si avveri la sua
visione, che il suo” ritratto resti dipinto nello spazio).
Annamaria
Ferramosca, dicembre 2014
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