"Mi hanno detto di Ofelia"
a cura di Francesca Del Moro
“Hai sogni
dipinti in verticale
come gli
occhi dei gatti
tristi di
vissuto a gabbie”
(La strada per il molo)
“Non sono
più sicuro del mio nome / e dell’Ofelia / ho perso ogni contatto” dice Amleto
nella poesia che dà il nome alla raccolta, richiamando l’attenzione su uno dei
temi fondamentali del libro: il timore e al tempo stesso la costante attrazione
verso il proprio e l’altrui svanire. La poesia di Cristina vive di due tensioni
contrapposte: da un lato la grazia e la levità del ritmo, che evoca aeree
partiture d’archi, tendono a sollevarla in volo col rischio di portarla alla
sua negazione, al tacere di cui si parla appunto in “Quasi_volo” e “Verso il
tacere”. Dall’altra, il ritmo stesso diventa funzionale a svuotare la mente,
come nella meditazione, per predisporla ad accogliere la parola poetica in
tutta la sua densità. Questi versi mirano a dare un nuovo impatto al nostro
quotidiano, scomponendo il continuum di ciascuna esperienza in una serie di dettagli
pregnanti che diventano arpioni con cui ancorarci alla realtà per non rischiare
di scomparire. Emblematico di questo dualismo è il confronto tra due poesie: “A
ripensare” e “Controsogno”. La prima offre una delle molte declinazioni
dell’inconsistenza, puntando su ciò che potrebbe essere qualcosa e che non lo è:
un pugno di nemmeno sabbia, parole impronunciate, impronte cancellate prima di
essere impresse nella rena, e la conclusione, da brivido: “Eppure si può dire /
a chi ha sostato stanco alla tua porta / vieni t’offro da bere / e presentare
una bottiglia vuota”. “Controsogno”, invece, sostanzia la fenomenologia
dell’attesa amorosa con immagini sorprendenti ma al contempo talmente calzanti
da apparire necessarie (il chiavistello un nome da girare / lei seduta nel
corpo ad aspettare / giunse che l’aria già lo conosceva / col cuore che suonava
/più forte della sveglia / a ridestare). Non esente da puntate ironiche (come
in “Piccoli omicidi”) e sicura nel giocare con la lingua a tutti i livelli, la poesia
di Cristina ricorda i versi geniali di Pasquale Panella, in particolare quelli
musicati da Battisti ne “L’apparenza”, nella misura in cui ci porta a esperire
accadimenti, pensieri e sensazioni in maniera sfaccettata
e consapevole, come se fossero prove di cui abbiamo bisogno per essere certi di
esistere.
Francesca Del Moro
Ringrazio Francesca per aver colto la centralità del mio mondo poetico e per la riconduzione all'essenzialità dei miei versi.
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