martedì 3 marzo 2009

GIUSEPPE IANNOZZI intervista


Cristina Bove

Il respiro della luna





Cristina Bove
Il respiro della luna
Edizioni Il Foglio
1ma edizione, 2008
ISBN: 978-88-7606-195-0
112 pp.
12,00 €




1. Partiamo da un presupposto che dovrebbe essere semplice e che in verità non lo è, ovvero spiegare il perché del titolo, “Il respiro della luna”. E’ questo difatti il titolo della tua nuova raccolta poetica, che arriva dopo “Fiori e fulmini”. Già dal titolo si avverte che il sentimento proposto al pubblico è di sofferenza: di fronte al paradosso che la luna respiri, il lettore non può fare a meno di sentirsi mancare il fiato in gola.
Approfondisci, se ho detto giusto…

C’è anche questa componente, certo, e c’è anche il movimento delle maree, flusso e riflusso di cui sono fatti le ore e i giorni , il continuo alternarsi di emozioni nella nostra anima, nella nostra mente.
Perfino il sentirmi io stessa luna, talvolta, oscurata dalle nuvole o limpida e riflessa nell’acqua.




2. Molto forte è l’accento sulla caducità della vita, dell’umana esistenza e non. Rispetto a “Fiori e fulmini”, a ieri – che è un tempo non ancora lontano –, ho come l’impressione che sia sopravvenuta la consapevolezza, per certi versi tragica, che ogni cosa animata e inanimata sia destinata a completarsi solo e sempre nella fine di sé, al limite in una eco: “…bramo le consonanze/ gli arditi arpeggi di un violino/ acuto/ gli squilli di una tromba/ cristallina/ in essa mi farei/ soltanto suono.”

Mi fa piacere che tu ne abbia colto l’essenza, è spesso con sgomento che mi appare la realtà in cui siamo immersi, noi tutti esseri umani, capaci di voli e di cadute, di bellezza e di orrore, siamo in balìa di noi stessi ma anche della natura e del tempo, siamo illimitati nel pensiero e limitati nella forma che ci contiene.
Ciononostante riusciamo a sublimare il nostro esistere.
E riusciamo a creare meraviglie, come sfida alla nostra finitezza.




3. L’introduzione alle tue poesie è di Renzo Montagnoli, autore delle raccolte poetiche “Canti Celtici” e “Il cerchio infinito”: che legame artistico, solidale, c’è tra voi, due autori apparentemente l’uno l’opposto dell’altro?

Con l’amico Renzo, che stimo tantissimo come scrittore, recensore, poeta, c’è un’amicizia nata dalla comune passione per la scrittura.
Gli devo molto, è stato lui a “scoprirmi” in un sito di poesia e ad offrirmi l’opportunità di pubblicare nella collana poetica diretta dal poeta Fabrizio Manini, presso lo stesso Editore.




4. Anche “Il respiro della luna” è edito dalle Edizioni Il Foglio: direi che si è instaurato un bel rapporto di fiducia e stima, una cosa piuttosto rara in un clima editoriale sempre più disinteressato alla poesia. A tuo avviso, come mai in Italia ci sono tanti sédicenti poeti e così pochi editori interessati a prendere in considerazione la poesia, quella valida?

Questa è una domanda cui rispondo con una mia personale visione d’insieme.
Intanto ho avuto la fortuna di essere stata accolta e pubblicata, con regolare contratto, dall’Editore Gordiano Lupi, che ringrazio ancora per aver avuto fiducia in me.
Per quanto riguarda lo stato della Poesia, qui da noi, c’è da considerare che molto disinteresse nei confronti di questa è determinato dall’infinita serie di autoreferenti poeti, dilaganti nei siti preposti che, il più delle volte, ne favoriscono le pubblicazioni a pagamento . Anche nei blog se ne trova molta, ma davvero poca a potersi definire tale..




5. Questi versi sono in una tua poesia, “Vino”: “Un liquido amaro che in gola/ corrode che spegne che assale/ perfino non bere/ fa male…” Tradisci lo spirito dionisiaco che la tradizione poetica ha quasi sempre esaltato: per quale motivo?

Qui parlo del vino andato a male, di ciò che sembrava squisito e che poi si è rivelato pessimo.
Nella vita di ognuno, credo, è capitato qualcosa di simile, una delusione che ha fa fatto davvero tanto soffrire.




6. “No, mia anima, non avrò paura/ della prossima uscita/ non la temo/ questa mia solitudine/ essenziale…”: sono altri tuoi versi, che esprimono l’idea che dalla solitudine non si può guarire e che nemmeno è pensabile che chi ci sta vicino possa far qualche cosa per stornarla, in quanto il carattere della solitudine è di essere essenziale, ovvero trapiantata nell’anima di chiunque viva. “Nessuno è solo/ eppure ognuno è solo”: un pensiero di crudo esistenzialismo, difficile da smentire. Scrivere dell’umana solitudine aiuta il poeta a uscire allo scoperto? ad allontanare almeno per pochi istanti la convinzione che non c’è rimedio al “sentirsi da soli”?

Forse sì, aiuta, almeno per un attimo. Ma credo che sia illusorio.
È antitesi la stessa comunicazione poetica, quale tentativo di coinvolgere l’altro da sé
e in questo sentirsi “con”.
Ma è avvertito come vano: siamo isole, ciascuno nel confine della nostra forma umana.
O forse come strenuo proiettarsi fuori di questa, nel pensiero, nella speranza che almeno questo ci unisca tutti, e ci renda immortali.




7. “La saggezza è illusoria/ disse/ e quindi/ càlati nelle viscere del mondo.”: sono in errore o nella tua poesia c’è un intento pedagogico? E: credi che la poesia possa insegnare qualche cosa a chi la legge e la comprende? A tuo avviso è possibile mettere sullo stesso piano poesia e preghiera?

Questa poesia in particolare è rivolta a me stessa, è il mio Maestro interiore che mi esorta a vivere pienamente la vita, perché nulla è da ritenere “cattivo” e tutto sperimentabile, tranne il nuocere e causare dolore agli altri.
Penso che quando la poesia tenta di avvicinarsi al divino, può diventare preghiera.




8. La poesia può avere un ruolo salvifico per l’autore e per i lettori, e se sì, perché?

Sono convinta di sì, perché essendo una comunicazione del sentire, richiama ad una sfera alata della mente, quella più vicina al mistero dell’anima.




9. C’è un messaggio universale che “Il respiro della luna” porta a chi ha il coraggio di confrontarsi con “i silenzi e le ombre” che sono nel corpo poetico?

Questo davvero non saprei dirtelo, bisognerebbe chiederlo ai lettori.




10. Quali i tuoi progetti per il futuro? Una nuova raccolta di poesie, dei racconti, un romanzo…?

Una nuova silloge, una raccolta di racconti brevi, e forse altro.



11. Perché leggere “Il respiro della luna”? Ti concedo una briciola di sana arroganza per promuovere il tuo lavoro, per convincere il pubblico che il tuo è un libro di valore.

Perché mi sembra una buona poesia, e perché nasce da esigenze dello spirito.




Grazie, Cristina. Sei stata molto paziente e generosa nelle risposte.
Ti auguro ogni bene per la tua carriera artistica e familiare.

Grazie a te, Beppe, le tue domande argute e profonde hanno facilitato enormemente le mie risposte.
Ricambio il tuo augurio di ogni bene.



SIAMO ANGELI


Siamo angeli
di passaggio soltanto sotto i cieli
un’escursione lenta
nella luce e nei suoni
depositammo al margine le ali

per questo adesso camminiamo adagio
col dolore che segue i nostri passi
e labbra che non sanno pronunciare
la parola che sola è la salvezza:
AMORE, parola che contiene l’infinito
ed è mare ed è valle.

Grava la carne
palpita nel petto e assedia il cuore
quando con braccia aperte i vasti spazi
anelito e respiro noi cerchiamo

e nelle forme i ventri, i seni, i fianchi
accarezziamo come promemoria
di quel che siamo con le nostre ali…




PICCOLE COSE


Piccole cose nascoste
tra lembi di vesti dimesse
hanno ruvida voce
rincorrono brividi fin sopra i capelli
e aspira la terra di petali stinti
l’estremo sentore di un fiore
raccogli le trecce disfatte
che il vento di spighe e cicale
ne ondeggia le ciocche
ora vieni a contare i miei segni
i miei numeri neri
saltando a piè pari le crepe
sul lastrico grigio
poi tendi le mani
accarezzi
un sogno vestito di luci
un volto che ammicca e sorride
un sorso di bacio
miraggio che adesca i tuoi sensi
percorre di linfa gli anfratti
ti vive
e ti scioglie la vita.


(da Il respiro della Luna
di Cristina Bove, Edizioni Il Foglio letterario)




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Il blog di Cristina Bove: http://cristinabove.splinder.com/

giovedì 12 febbraio 2009

recensione di Orsola Hochkofler a

"Il respiro della luna"

Quello che mi affascina è l'animo umano, la sua evoluzione, le paure, i sogni. Credo di aver individuato che cosa mi prende nella poesia più di tutto:

l’animo di chi scrive.

Una poesia da sola in certi casi mi prende completamente ma non mi comunica l’essenza di chi dall’altra parte è stato spinto, da cuore e mente, a mettere le sue tracce su un foglio.



Ecco perché il libro di Cristina Bove ‘Il respiro della luna’ mi è piaciuto tanto …

La costante del suo essere integra e limpidamente pulita è palese ed è stupendo vedere i suoi passi, seguirla ed avere la conferma – anche se non era necessario per chi, come me, la conosce e stima – di quello che è.



Le sue poesie, ed intendo proprio tutte, sono molto profonde ed ognuna smuove qualche cosa.

Ho amato meno, per gusto personale, le ultime quelle con i versi cortissimi, pur essendomi piaciute anche quelle.



Il Bel paese … satira bellissima ed attuale più che mai, potrebbe essere letta da Dario Fo … credo la farebbe sua.

Alcune, stilisticamente più vicine, alla Cristina Bove che conosco meglio, sono quelle che mi sono arrivate più immediate (da Cantare ancora a sto percorrendo compresa) ma in questo istante faccio fatica a dirvi quale sia la più amata.

Adesso la sua scrittura ha un livello diverso ma non potrei dire superiore, solo diverso.

Si sente nell’oggi, una spiritualità – nulla a che vedere con la religione – più consapevole che è come sbocciata senza freni inibitori o veli.



Nel libro, quello che mi è balzato agli occhi, sopra a tutto, è la visione sociale di questa donna, attenta ad ogni più piccola sollecitazione: le donne, i figli, la politica, l’amicizia, l’amore. Tutto, ma proprio tutto.

Un bellissimo percorso, in un universo che ha la consapevolezza del suo essere femminile, da indossare come un gioiello dono dell’amato: la vita.



Credo che dopo averlo letto vi riterrete, come me, fortunati d’aver ricevuto questo dono.



Orsola Hochkofler

domenica 11 gennaio 2009

Recensione di Laura Costantini e Loredana Falcone





IL RESPIRO DELLA LUNA

silloge di Cristina Bove

Non è stato possibile scindere la poetessa dalla donna e dall’amica. Ne viene che queste poche righe, lungi dall’essere una recensione, sono piuttosto un omaggio ad una persona straordinaria che, nella poesia, sublima se stessa e il senso stesso della vita.
Se Fiori e fulmini aveva scavato un solco profondo nelle nostre anime Il respiro della luna ha lasciato in quel solco i suoi semi produttivi che hanno germogliato una riflessione sul tema portante di questa seconda silloge poetica: il passare del tempo.
Sono moltissime le liriche che vorremmo portare all’attenzione di chi ci legge. Ma non vogliamo togliere a coloro che amano la lieve sonorità dei versi di Cristina il piacere di fruirle nella solitudine della lettura.
Ne segnaliamo soltanto tre:
Nel cortile, racconta la tristezza di un’infanzia trascorsa tra le gelide mura di un collegio. … ed ora è tardi, in me sedimentata
ai confini di un tempo mai vissuto
se ne resta nascosta e rannicchiata
una bambina mesta, mai cresciuta
una bambina che non è invecchiata.
Candidi i miei capelli, suggerisce l’addio di una madre che lascia ai propri figli un’eredità morale.
… serberai nel cassetto con le tue
le mie poesie
te ne farai ricordo e testamento
sarai l’erede
delle mie parole.
In punta di piedi, è Cristina in versi, il suo modo di concepire la vita.
… ma è solo il morire di un’ombra
nel mentre mi stacco
con l’ultimo colpo
ti tacco. Poi spicco il mio volo.
Difficile, anche per chi come noi, è abituato a giocare con le parole, aggiungerne di nuove a quelle che Cristina ci ha donato. Rimane solo un consiglio: assaporate questo libro, lasciatelo sul vostro comodino e, di tanto in tanto, quando sentite che l’essenza della vita vi sta sfuggendo di mano, ripercorretene i versi e abbandonatevi al Respiro della luna.

Laura e Lory

sabato 10 gennaio 2009

recensione di Franca Canapini

IL RESPIRO DELLA LUNA


Visionario e femminile Il respiro della luna di Cristina Bove, dove Selene sorride di luce misteriosa e soffusa.

Ad accoglierci un colpo di tacco, su palcoscenico vuoto. La ballerina ha lasciato la scena; resta il suo respiro, una musica di metafore leggere nella quale ci sperdiamo.

Poesia dopo poesia, lentamente emerge la figura di una donna consapevole di sé:

bambina trascurata

“ quando scendeva l’ombra sul cortile/in fila indiana tristi e rassegnate”,

giovane fremente

“ ero fiume d’inverno/e nella piena/cavalcavo la terra/e il mio vestito d’acqua/era seta di luna/e gioia/e canto/”,

madre stupefatta

“ inginocchiata l’anima e sorpresa/da nubifragi e squarci nella mente/a provare l’effetto dei miracoli/vedersi fuoriuscire dalla carne/fiori pulsanti e vivi di respiro”

infine donna che riconsidera il proprio percorso

“ Raccogli le tue cose/questo è il tempo/di vestirti di tutta la tua vita/di rovistare il fondo dei bauli”. Il presente è il tempo della struggente malinconia di nidi vuoti,

”allora dentro un nido depredato/quattro pagliuzze al vento/lavoro di una vita/si sparpaglia/tra cucine disfatte e letti vuoti”

degli affetti consumati, degli splendori perduti; il momento dell’elegia “nello stremato tempo del declino”.

Talvolta l’anima, generosamente radicata nel sociale, esce dall’autobiografia per gettarsi con furiosa passione nella denuncia dell’ ingiustizia, e diventa angelo di mezzanotte

“raccoglierei il dolore degli umani/il loro pianto in una coppa d’ombra/il loro grido dentro un’arca nera/e trapassando nuvole e bagliori/ai piedi tuoi li deporrei/e ti rassegnerei le dimissioni/d’angelo disilluso dal divino”

mente razionale che considera come la razza losca dei predoni distorca il significato dei simboli religiosi;

donna dei nostri tempi, madre e sorella di tutte le altre “ cambiamo noi le regole/e il valore/facciamolo consistere nell’anima/insegniamo noi stesse altro potere/che non sia solamente possedere “



Questo in sintesi il messaggio dell’opera, ma molte altre suggestioni possiamo trovare nella silloge che va letta e riletta lentamente, per scoprirne tutte le sfumature emotive e coglierne in pieno la ricchezza.

Se ne esce portandosi nel cuore quell’eco di tacco, la traccia di una vita,”sparpagliata nel tempo/squinternata/smarrita nel pulviscolo”, la testimonianza di un’anima bella che ha compendiato la sua vicenda personale, inserendola nel tempo e nello spazio; e lasciandocene una luce, come di lucciola sfregata sul muro della vita.

lunedì 15 dicembre 2008

recensione di Morena Fanti


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Il respiro della luna Cristina Bove
Ass. Culturale Il Foglio, 2008
pp. 110, euro 12.00
Parte lentamente, con delicatezza di danza, questa nuova raccolta di Cristina Bove: “Accenno un giro lento / un cadenzato assorto paso doble / avvitamento / sul perno di me stessa …”, ma fin dall’inizio si percepisce nelle parole la sete di sapere, il desiderio di comprendere e approfondire i grandi temi della vita e i sentimenti che ci accompagnano nella scoperta e nel vissuto quotidiano.
C’è attenzione per le piccole cose, il senso e la misura in versi che scorrono come “quei giorni uggiosi / che la tenda del crepuscolo / appanna ancor più di tristezza”; oppure fluidi come l’acqua di un fiume a primavera, una stagione che ricorre spesso in questa silloge, come un segno preciso di speranza e di rinascita: i dolori, le rughe del terreno, le crepe in cui inciampare sono necessari accidenti di percorso per Cristina, sempre dentro ai sentimenti e mai estranea al mondo circostante. Nei suoi versi si percepisce una forte presenza della natura: fiori, alberi, prati, fino al cielo e al suo azzurro scandito da nubi: “Ancora però vince l’azzurro / alto di cirri in movimento / ancora nel profumo dei giacinti / si percorrono / sentieri a primavera…”.
Qui il tempo avvolge e sovrasta, nel suo scorrere senza interruzioni, e ci trascina con la potenza dei sentimenti che, al pari della luna, agitano e trasformano, diventano poesia. La solitudine, una delle ossessioni che accompagnano la nostra quotidianità, è rappresentata dall’autrice nel modo dolente che, fin da bambina, le segnerà la vita: “e si cresceva sole e sconsolate / si mettevano in fila anche i pensieri / lungo quei corridoi privi di luce / a cuore muto e senza trovar pace / si finiva di vivere ogni sera / tra quattro avemaria cinque rosari / mentre serviva solo un po’ d’amore / magari solo un pizzico di luce”, per passare poi a quella adulta sublimazione delle emozioni a lungo incatenate e vissute nel profondo, alle quali dare valore e misura: “non la temo / questa mia solitudine / essenziale / so che dentro di me posso trovare / conforto alla condanna all’abitudine” fino all’assunto finale: “ Nessuno è solo / eppure ognuno è solo”.
La scrittura in queste poesie è limpida e spontanea, senza retorica o parole preconfezionate, anche quando parla di asprezze e difficoltà: è come una salita in montagna, che taglia le gambe ma che si affronta con la gioia di sapere che ci attende la cima. Serenità e bellezza passano anche attraverso la malinconia, e se non tutto nella vita può sistemarsi come si vorrebbe che fosse, possiamo però cercare di aprire la porta della possibilità: “Al mercato dei sogni / in vetrina / ho scelto il più caro / ed era il più bello e il più vero”. Così la poesia accompagna Cristina Bove, le cammina a fianco, rischiarandole la buia strada, quella che talvolta siamo costretti a percorrere anche “quando è necessità / forzare l’allegria”.
Uscita un anno dopo la precedente raccolta, Fiori e fulmini (Il Foglio, 2007), questa silloge conferma una capacità linguistica ed emozionale verso la vita che attrae e appassiona.

Morena Fanti

Cristina Bove è nata a Napoli il 16 settembre 1942 e dal ’63 vive nei pressi di Roma. Ha sempre dipinto, scolpito, letto molto e qualche volta scritto. Presente in diversi siti Internet con le sue poesie, ha pubblicato nel 2007 la silloge Fiori e fulmini (Edizioni Il Foglio).

domenica 22 giugno 2008

Laura Costantini e Loredana Falcone (bove-comastri)

Bove vs Comastri

CRISTINA BOVE
Sono nata a Napoli il 16- 9- 42 ma vivo a Roma da moltissimi anni, dipingo, scolpisco, scrivo poesie e, soprattutto, leggo tanto.
Amo la musica, soprattutto quella classica.
M'interesso di filosofia ed arte. Condivido le idee di tutti coloro che si battono per la giustizia e per un mondo migliore.
Un'inguaribile sognatrice affondata nella realtà. Scrivo poesie per non dimenticarmi di esistere.
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MILVIA COMASTRI

Quando da piccola mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo con molta sicurezza: la scrittrice. Ora mi considero una scrivana. Una donna di 61 anni che scrivendo sta bene con se stessa. Che inventando storie si diverte. Poi, se queste storie vengono lette da altri, tanto meglio.
Nel 2005 ho pubblicato una raccolta di racconti “Donne, ricette, ritorni e abbandoni”. Che alla Feltrinelli, grazie alla somma intelligenza del loro cervellone elettronico, si trova nella sezione “gastronomia”. E invece è narrativa, storie di donne, con qualche ricetta incorporata.
Tutto qui. E’ sufficiente, vero?
Chi è Milvia? Chi è Cristina?
C: Una di quelle rare persone che quando le incontri ti fanno ancora credere e sperare che sia possibile un mondo migliore.
Per me un'amica insperata, che grazie ad un altro amico insperato, ora fa parte della mia vita.
M: Cristina è una poetessa e una donna eccezionali. Una delle poche persone che conosco dotata di cuore... intelligente.
Scambiatevi un problema.
Certamente le bastano i suoi, non le darei un mio problema. Oh no, non mi piace caricare gli altri di un mio problema... sono talmente pesanti.
Avresti venduto l'anima al diavolo per...
Non credo al diavolo. Trovare il coraggio di andare in India, più di 30 anni fa, quando un amico mi chiese di partire con lui.
La frase più cattiva che hai ricevuto da un uomo.
Non sei all'altezza (in effetti arrivo appena a 150 centimetri). Più che cattiva, miseramente banale, la solita insomma: io non ti merito.
La frase più cattiva che hai detto ad un uomo.
Non sei all'altezza (era alto quasi due metri). Non credo ci sarà una prossima volta...
La poesia che vorresti aver scritto.
Quella che ancora non ho scritto. Chi muore (Ode alla vita) di Pablo Neruda: dice tutto quello che c'è dentro di me.
Giacomo Casanova o il marchese De Sade?
Un impermeabile vuoto. Non è possibile una terza scelta? Sono pure morti... qualcuno tipo Clooney, per esempio, non è disponibile?
Assegnati una parte in un film di E. Scola.
Non so rispondere. Antonietta, il personaggio femminile di Una giornata particolare. Perché è uno dei miei film preferiti. E perché c'è Marcello, naturalmente.
L'ultima volta che hai mentito dicendo: mi dispiace.
Sono troppe per poterle numerare. Mi dispiace, ho detto, ma al battesimo di tua nipote non posso venire perché devo andare al funerale di mio zio. Odio le cerimonie. E non ho mai avuto zii. (Spero che quella persona non mi legga...)
Una sbronza colossale e l'avventura di una notte?
La prima per dimenticare la seconda, nel paleolitico superiore. La prima che avete detto... per trovare il coraggio di buttarmi poi nella seconda.
Chi è AUNG SAN SUNG KHY?
Una scrittrice dissidente perseguitata nella ex Birmania, premio Nobel per la pace 1991, incarcerata nuovamente dal regime militare nell'attuale Myanmar. Una speranza imbavagliata da un regime osceno.
Eleggi una donna Presidente del Consiglio.
Milvia Comastri. Maria Rossi. Chi è? In verità non la conosco, ma farebbe certamente meglio di un qualsiasi politico. (Lo so, lo so, un po' qualunquista questa mia risposta...)
Hai preso un uomo per la gola con...
La cravatta. Una profumatissima zuppa egiziana. Servita a uno che odiava le zuppe, ma io non lo sapevo. Eppure... ma qui sono costretta ad autocensurarmi.
Acqua cheta o gatta morta?
Lontra in via di guarigione. Gatta e basta... non basta?
Capelli su o capelli giù?
Secondo l'umore, se mi vedo troppo Maga Magò, li tiro su... Se troppo vecchia signora, li tiro giù. Giù, giù: ci si nasconde meglio...
Fa' un complimento ad un uomo.
Troppo tardi, non mi si filerebbe proprio. Nessuno mi fa ridere come te (un po' ambiguo, in verità, come complimento...)
Al parco giochi con nipote o a teatro con figlio/a?
A un concento con entrambi. Nipoti non ne ho, amo il teatro, ho un figlio... ora gli telefono e lo invito.
Togliti un sassolino dalla scarpa.
Al chirurgo che mi ha impiantato il pace maker senza anestesia generale, perché secondo lui sarebbe bastata quella locale, e che alle mie grida non si fermava, e che a me, che ho partorito 4 figli, si è permesso di dire che non sapevo sopportare il dolore... che possa provarlo anche lui, così, tanto per capire. Quanti caratteri ho ha disposizione? Più che un sassolino mi ci trovo una valanga, nella scarpa...
La tua canzone...
What a wonderful world di Louis Armstrong. Non ho una mia canzone, ma tante, legate a momenti di vita. Un titolo solo? Non so, mi viene in mente Luci a San Siro di Vecchioni. Ma ce ne sono altre...
Salutaci...
Con un abbraccio e ringraziandovi per avermi proposto questa simpatica intervista. E dedicandovi la bella poesia di Milvia I regali preziosi. Mi piacerebbe tanto stringervi la mano, ma dopo questa intervista ho il palmo un po' sudato... comunque grazie di cuore, Iene dalle morbide zampette...