martedì 11 maggio 2010

recensione di Elisabetta Mori


L'armonia e l'effetto: la poesia di Cristina Bove




Cosimo Ortesta, uno dei più affermati poeti della fine del secolo scorso, una volta mi scrisse che in poesia "l' armonia non conta, conta l'effetto", la consapevolezza che l'armonia e la disarmonia della vita deve tutta bruciare, esaurirsi nell'effetto, nella forma -una particolare inconfondibile forma- l'unica cosa che conti, nella sua perfetta inutilità, se confrontata alla vita.

Non è il caso della poesia di Cristina Bove.



In "Attraversamenti Verticali" una sapiente e personalissima alchimia permette all'immagine poetica di giungere in superficie, si presenta con i suoi segni i quali incidono ma non svelano del tutto la comprensione dell' occulto, ciò che deve rimanere, semmai, chiaro solo alla poeta. Il risultato è un equilibrio stabile tra armonia ed effetto.

Nella ricerca costante del proprio Sé, la Bove appare in armonia con la vita e con la morte, con lo spirito e la materia, con ciò che fu e ciò che sarà, prospettiva di un continuum spazio-tempo eterno, tra ieri e domani.

E i temi sono quelli universali, l'appartenenza è del creato, animali piante e umani verso i quali la poeta volge il suo sguardo colmo di pietas, consapevole del comune destino:


L'olivo dalla chioma d'argento mi somiglia
solo che esisterà ancora
quando dalle mie ossa nemmeno la polvere
potrà nutrire le radici.


E lo saprò
che il tempo di una vita
sia tralcio foglia o frullare di ali
è soltanto un momento, irripetibile.

("Durata", da Attraversamenti verticali, edizioni Il Foglio, 2009)



Un effetto di circolarità sprigiona dai versi della Bove, tenuti insieme dallo stesso comune denominatore, il ritmo, una musicalità costante con l'endecasillabo spesso a fare da cornice. Ma non sfugge agli occhi del lettore attento, la ricerca del meraviglioso [secondo l'accezione di Todorov], la rappresentazione di una realtà desiderata che stia tra il possibile e lo strano e la parola che esce, dirompente, dalla materia:


Al posto di vedetta, nella dura scorza,
abbozzo d'angelo tratto dagli scalpelli
e dalle sgorbie a forza di deliri
io non ho pianto a dilavare scabre superfici
di granito o di lavica roccia
è nel mio interno il nucleo sasso


l'andirivieni è fuori
è tra le foglie camelie morte...

(Sabbia, da Attraversamenti Vericali, ed Il foglio, 2009)



E spesso il fantastico, legato a ricordi primordiali, prende il sopravvento


Ne raccontiamo forse le cocche
noi che a metraggio
ci avvolgiamo in rocchi
oppure in disarmo
di pepe, paprika, zenzero candito
lecchiamo falde e nocche dal sapore
d'aceto.
Mi apparto per decidere se vado
con zoccoli di paglia
oppure m'incarrozzo nella zucca
e oop
stelle e coriandoli
pioggia di cenerentole in pigiama
affollano il mio prato...

(Minima, da Attraversamenti Verticali, ed Il Foglio, 2009)



La fusione di uno stile personalissimo e la necessità di uno sperimetalismo linguistico che cambia registro, dà vita, in Attraversamenti Verticali, a un variegato percorso poetico che tiene conto dei diversi livelli di lettura e che la Bove porta avanti con la prospettiva di ancora nuove vie da sperimentare: perché la poesia sempre precede, solo essa conduce, e non si sa dove e quando l'avventura tra simboli e suoni troverà quiete.




Cristina Bove è nata a Napoli e vive a Roma. Pittrice e scultrice [arti nelle quali eccelle] ha pubblicato tre raccolte di poesia, tutte edite da Il Foglio